In quest’intervista abbiamo parlato con lo psichiatra della fondazione Davide Albrigo.

 

Da quanto tempo lavora per la fondazione?

Sono entrato in Fondazione come consulente nel 2005, comincia ad essere un’esperienza lunga!

 

Quali sono i suoi compiti

Sono consulente psichiatra quindi supporto (ma non sostituisco i terapeuti di riferimento) gli ospiti nei loro percorsi di vita quotidiana. Mi occupo anche di supervisionare le dinamiche di coabitazione. 

 

 Come si trova in fondazione?

Bene. È una esperienza sicuramente arricchente. 

 

Perché?

Perché è uno dei pochi progetti che mi è capitato di seguire che ha un riscontro concreto in termini di miglioramento clinico. 

 

 Che ne pensa del giornale?

Un buon lavoro e un’ottima occasione per fare esperienza. 

 

Le piace la rubrica del nostro giornale nella quale viene intervistato per spiegare delle malattie psicologiche?

Certo, è un momento di riflessione ed approfondimento. 

 

Quali sono i criteri che usa per scegliere i coinquilini?

 Normalmente il reclutamento avviene per conoscenza diretta dei progetti nelle varie dinamiche sociali o con delle comunicazioni mirate ad enti che si occupano di sociale. 

Poi effettuiamo dei colloqui per valutare motivazioni ed eventuali criteri di esclusione.

 

 Perché principalmente sceglie coinquilini che sono amici di altri coinquilini o di operatori?

Perché il canale diretto è il principale veicolo e perché soggetti con una conoscenza diretta sanno subito cosa aspettarsi e cosa dare al progetto. 

 

Come coinquilini secondo lei possono creare maggiori problemi alcuni che nessuno conosce prima di essere utilizzati?

Di solito i coinquilini sono persone che non conosciamo prima. Per quanto cerchiamo di capire e selezionare è molto difficile intuire dinamiche di relazione in una coabitazione che emergono, a volte, dopo un lungo periodo. 

 

Le è mai capitato di dover mandare via qualcuno?

 Si, è capitato qualche volta. 

 

Erano coinquilini o assistiti?

Coinquilini che, nella nostra valutazione, non presentavano o rivelavano caratteristiche non compatibili con un clima sereno e collaborativo. 

 

In poche parole in quali casi l’ha dovuti mandare via?

 Quando la coabitazione e il progetto, pur considerando le variabili soggettive come parte integrante della riabilitazione, non era più di stimolo o benefico per gli assistiti. 

 

 In passato ogni settimana parlava con gli assistiti, perché da un po’ di tempo non lo fa più?

Spesso in questa fase c’è molto lavoro richiesto dai coinquilini e genitori inoltre è una fase importante di rapporto con i servizi di salute mentale per mantenere la nostra autonomia e sostenibilità. 

 

Rispetto agli assistiti è più difficile lavorare con gli assistiti meno gravi o con quelli più gravi?

Ognuno ha caratteristiche diverse ma la difficoltà non è proporzionale alla gravità psicologica. Anzi..

 

Perché?

 Perché al migliorare del livello di funzionamento psichico aumenta la complessità delle problematiche. 

 

 Per lei e per la fondazione gli assistiti sono tutti uguali?

Si, sicuramente da questo punto di vista c’è una gestione decisamente democratica. 

 

Da che dipendono le ore degli operatori con ogni assistito?

Dalla gravità dell’assistito, dal suo livello di autosufficienza e dalla convenzione stipulata con il servizio inviante. 

 

Come sceglie gli operatori da utilizzare con gli assistiti?

Normalmente cerchiamo di far lavorare tutti gli operatori con tutti gli assistiti, a volte ci possono essere esigenze specifiche per le quali si insiste più su qualche operatore in particolare. 

 

Ci sono degli assistiti che potrebbero vivere tranquillamente senza partecipare al progetto della fondazione?

Quello è l’obiettivo finale. Se un assistito può vivere tranquillamente senza nessun operatore il progetto della fondazione si chiude ed è stato un successo 

 

Perché sono ancora in fondazione?

Perché nel percorso di crescita pensiamo che ci siano ancora degli aspetti che hanno bisogno di essere rinforzati. 

 

Fino a quando pensa di restare a lavorare in fondazione?

Fino a quando non mi manderanno via o troverò offerte migliori e che non potrò rifiutare. Scherzi a parte il lavoro in Fondazione è sicuramente una bellissima esperienza. 

 

Da che dipende?

Da me nella motivazione, dagli altri nella stima.